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25 Novembre: Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne

di Alessandra Albanese

25 Novembre 2014

noviolenza sulle donne

Nell’anno 2013 oramai trascorso da tempo sono morte 179 donne, vittime di femminicidio.

7 volte su 10, una proporzione abbastanza impressionante, a calare la mannaia sulle vittime è stata una mano amica, o meglio, la mano che le donne hanno inanellato all’altare: il compagno.

Un numero purtroppo cresciuto negli anni, fino a diventare in assoluto la quantità maggiore di sempre (nel 2012 il numero dei femminicidi si era fermato a 157).

Sono dati esposti dall’Eures, l’Istituto di statistica europeo, che indica inoltre come negli ultimi 25 anni questi dati siano aumentati in modo impressionante (nel 1990 le donne rappresentavano l’11% delle vittime totali – Fonte: Ansa).

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Il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne.

La giornata è stata voluta dall’Onu, e la data venne scelta a commemorazione del terribile omicidio delle sorelle Mirabal, tre attiviste politiche della repubblica Dominicana, torturate e uccise dal Generale Trujillo, considerato uno dei tiranni più sanguinari di tutto il Sud America.

Le tre donne vennero fermate da un gruppo di soldati mentre andavano a trovare i mariti in prigione, nel 1960. Vennero bastonate e uccise, e poi buttate in un dirupo, a simulare un incidente.

Oggi questa data è celebrata in tutto il mondo, con attività che, come dice l’Onu stessa, volge a sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi a combattere la violenza sulle donne.

Quest’anno la sezione UN Women, ha indetto una iniziativa dal titolo Orange your Neighbourhood, tingi di arancio il vicinato, una 16 giorni durante i quali si svolgeranno nel mondo una serie di iniziative per la sensibilizzazione sul tema.

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Il colore scelto, l’arancio, vuole simboleggiare l’allegria e l’ottimismo, un futuro migliore senza alcuna violazione dei diritti umani, che purtroppo oggi affliggono una donna su tre nel mondo.

Negli Stati Uniti l’Empire State Building e Time Square a New York verranno illuminate d’arancione per tutto il giorno, e in moltissime parti del mondo si assisterà a manifestazioni simili.

Qui in Italia nella data del 25 novembre sono state organizzate una serie di iniziative, sia istituzionali che private, per dare voce a questa piaga della nostra civiltà (vedi qui gli eventi in programma in alcune città d’Italia ).

Per celebrare questa commemorazione qualche anno fa un’associazione portoghese attiva in difesa dei diritti delle donne vittime di violenze (l’Apav) pubblicò un video bellissimo, che voglio ancora condividere.

Si intitola “Finchè morte non ci separi”. Inutile commentare, basta guardarlo

Le donne sono percosse all’interno delle loro stesse case, molestate per le strade, oggetto di bullismo in internet.

Una donna su tre nel mondo subisce violenze fisiche o sessuali, spesso da parte del proprio partner. Oltre la metà delle vittime, nel 2012, ha fatto questa fine: morta per mano del marito o del fidanzato.

E per dare voce io dico che bisogna parlare.

Troppo spesso infatti le vittime di femminicidi sono donne che non hanno denunciato.

Per tanti motivi.

Perché pensavano che sarebbe stato inutile, o perché non sarebbero state credute, o forse perché pensavano non sarebbe stato giusto.

Una sottocultura, ancora dominante in alcune zone del mondo, impone alle donne di sottostare a certi clichè, o impone semplicemente che una femmina debba stare comunque un passo indietro all’uomo, essere umili, quasi sottomesse.

E per questo non si parla.

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Si pensa che in fin dei conti lui ci ami.

E basta anche una donna comica come Luciana Littizzetto a ricordarci che un uomo che picchia una donna non è un uomo che la ama.

E’ uno stronzo e basta.

E dopo il primo siamone certe, arriverà anche il secondo, e anche il terzo schiaffo.

Come recita una frase presa in prestito dai social network: “C’è un solo modo di cambiare un uomo violento, cambiare uomo”.

Non permettiamo questo.

Non permettiamo a certi uomini di fare questo.

Difendiamoci e difendiamo le nostre sorelle più deboli.

Cerchiamo di capire che non è vero che meglio male accompagnate che sole, che quando un uomo ci chiede perdono per quelle botte troppo spesso non è sincero, e non perdoniamolo, o almeno non crediamogli.

E soprattutto, se pensiamo di essere vittima di un abuso, prima che sia tardi, denunciamo.

Per noi stesse, per tutte. Per tutte le altre.

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