Il corpo delle donne ha sua bellezza delicata e la sua potenza che genera vita; esso non è solo una immagine bella ed emozionale ma è espressione di una personalità e di una identità che merita rispetto; la donna, considerata in tutta la sua essenza, sa naturalmente essere oggetto d’amore e desiderio per gli uomini, ma di fatto la vita e la cronaca dimostrano che il desiderio ha molte forme!
Fortunatamente il più delle volte si desidera in modo sano e sereno, manifestando attraverso il piacere una volontà di incontro e di affetto.
Certamente gli Uomini con la U maiuscola sono quelli che rispettano, corteggiano e conquistano, diversamente i maschi, con la m minuscola, sono coloro che non conoscono l’amore, praticano il possesso e spesso “apprezzano” le donne più come un oggetto che non come un valore.
La cronaca ci sta tristemente abituando a questa immagine dell’uomo come fruitore della donna:
il primo, l’uomo, appare informato da una aspirazione di possesso e da un istinto utilitaristico, la seconda, la donna, ha un ruolo discusso, è “parte, vittima o pedina” di un gioco di identità in cui l’essere, l’avere e il mostrare si coniugano più con una femminilità materiale che non spirituale.
Esattamente in queste ore la cronaca riporta un fatto che non può non lasciare “inquiete” tutte le donne:
Nella toilette femminile del Tribunale di Rimni è stata rinvenuta una microcamera orientata in modo tale da riprendere le signore in un momento assolutamente intimo.
A scoprire “l’occhio indiscreto”, nascosto in prossimità del cestito dei rifiuti, è stata una avvocatessa; la microcamera rinvenuta si è dimostrata essere un dispositivo perfettamente capace di trasmettere immagini attraverso onde radio.
Chi riprende immagini private (e quelle inquadrate dalla microcamera di cui stiamo parlando sono senza dubbio qualificabili come immagini molto intime) compie un reato?
Certamente si! Il reato che in teoria si configura è quello di interferenza illecita nella vita privata delle persone. E, a norma di legge, commette tale delitto << Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata delle persone>>.
La legge, di fatto, non ammette la sottrazione delle private immagini e delle private conversazioni in violazione dei luoghi ove gli individui svolgono la loro vita intima e senza il consenso dei protagonisti. È per questo che la privacy va tutelata nella privata abitazione, nella privata dimora, ma anche in una pubblica toilette.
In pratica la riservatezza, tutelata dal diritto perchè espressione privata dell’uomo, non può essere violata o forzata, non può essere ordito un inganno per entrare senza consenso nell‘intimità di qualunque individuo.
Dunque la telecamera nella toilette delle donne del Tribunale di Rimini è lo strumento di un reato? Certamente si!
Stando alle ultime notizie, diffuse dagli organi di stampa, l’uomo che avrebbe piazzato la telecamera sarebbe stato individuato.
Tuttavia, al momento, non sarebbe stata formalizzata contro di lui alcuna accusa. Perché?
L’uomo non è oggetto di alcun procedimento penale perché le vittime, a cui pure sono stati mostrati i filmati, non hanno ancora mosso denuncia.
Il reato di interferenza illecita nella vita privata delle persone è un reato perseguibile solo su querela di parte. In pratica le competenti autorità non possono agire se non previa “richiesta” delle vittime, laddove l’impulso alla attività giudiziaria è dato dalla denuncia – denunciando la lesione del personalissimo diritto alla riservatezza la vittima chiede alle autorità cura e tutela.
Da donna la prima cosa che mi sono chiesta è stata questa:
<< ma gli uomini che guardano le donne come oggetti e dal buco della serratura, non assomigliano ai ragazzini che sbirciano negli spogliatoi femminili per conoscere i “misteri della vita”? >>