La terza età è quella che un tempo fu l’età della saggezza, l’età in cui l’uomo o la donna venivano a buon diritto considerati le guide spirituali delle famiglie e della società.
Che fine ha fatto oggi quella terza età dal valore socioculturale inestimabile?
Che fine ha fatto il rispetto degli anziani non come “persone vecchie” ma come umori e donne dignitosi, forti, fieri perché testimoni di esperienza e saperi antichi?
Che fine ha fatto la famiglia arroccato intorno alle madri delle madri ed ai padri dei padri?
Io ricordo pranzi della domenica, cene delle feste e ricorrenze comuni in cui in una stessa casa eravamo tanti; molti bambini; grandi tavolate; bicchieri diversi e posti a sedere “di fortuna”; si faceva tutti insieme un’enorme confusione!
Era un baccano che intimamente si placava nella sicurezza che il branco ingenera in ogni individuo appagando, semplicemente e naturalmente, l’istinto di protezione.
Oggi è sempre più raro che la famiglia sia capace di un’unità, anche occasionale, così ampia e così fiera. L’incontro e la condivisione si sono persi o forse sono rimasti offesi dalla frenesia dei tempi moderni che ha “deviato” persino i ruoli familiari.
La famiglia è negli anni radicalmente cambiata:
i giovani si allontanano dal nido emancipandosi presto dai genitori; altre volte gli “anziani” divenuti nonni hanno poco spazio per i nipoti perché al loro arrivo ancora lavorano;
in parecchi casi, a fronte di una società in cui la vecchiaia (intesa come decadimento) spaventa ed avvilisce, il nonno prende le distanze dal suo ruolo naturale e si sforza di “rimanere giovane” (tal volta lo fa senza considerare che l’accoglimento dei nipoti ed il supporto alla famiglia sono l’espressione migliore dell’energia che una persona anziana può avere);
qualche altra volta le famiglie si allontano perché i giovani, per ragioni spesso legate al lavoro, lasciano la loro terra d’origine;
non di rado si litiga anche tra fratelli o anche tra genitori e figli o padri e madri.
Di fatto si è persa la condivisione familiare, quella “tradizionale” compartecipazione alla vita dell’altro (figlio, fratello, sorella, nipote o cugino) che si realizzava sotto molte forme (dall’aiuto economico e fattivo al supporto morale).
Io ricordo che 40anni fa il mestiere del “baby sitter” non esisteva perché all’interno delle famiglie vi era sempre qualcuno disposto ad accudire i bambini, figli dei figli, dei fratelli o dei nipoti.
Io ricordo che mia zia è stata come una mamma e mia cugina come una sorella.
Poi col tempo la società è mutata, passando forse da un eccesso all’altro.
Quella contemporanea è spesso definita come famiglia (mono)nucleare – altro non sarebbe che la famiglia composta solo da un nucleo di genitori con i propri figli e, quindi, privata della rete familiare di supporto (nonni, zii ecc…).
Nella pratica scopri di appartenere ad una famiglia mononucleare quando ti accorgi di avere fatto tardi in ufficio, di affogare tra le incombenze ma di non avere nessun parente a cui chiedere la cortesia di occuparsi dei bambini dopo scuola.
Scopri di appartenere ad una famiglia mononuclleare quando, pur avendo l’influenza, la testa pesante o un mal di schiena insostenibile, da sola (e quasi da guerriera) porti i bambini in palestra a gennaio alle 18:00 del pomeriggio e con la cena ancora da preparare.
Ed intanto la vita scorre, malgrado ogni mutamento sociale ed ogni perdita morale.
Una volta gli anziani spiravano nelle loro case e tra le braccia dei figli, oggi muoiono anche da soli o presso gli istituti di cura a cui vengono affidati.
E’ l’evoluzione dei tempi moderni e la conseguenza delle distanze che la società contemporanea ha imposto e affermato.
Qualunque sia il motivo di dette distanze, qualunque sia il nostro rapporto con i nostri anziani ci sono delle riflessioni sul recupero degli affetti e sull’importanza di essi che, probabilmente, vanno affrontate con più attenzione.
Navigando in rete mi sono imbattuta in un racconto, potremmo definirlo una parabola web, che mi ha colpita e su cui ancora adesso, mentre scrivo, mi trovo a riflettere tra emozioni e consapevolezze intime e personalissime.
Voglio condividere con voi questo racconto:
narra di un tesoro inestimabile rinvenuto inaspettatamente dopo la morte di un uomo anziano e solo.