L’osservazione del mondo serve ai bambini per crescere: i più piccoli guardano, rielaborano e metabolizzano le reazioni, gli atteggiamenti e i comportamenti degli adulti nei rapporti sia con la famiglia che con la società.
Con la mia famiglia e col nonno al seguito, ieri abbiamo fatto una gita al museo!
Per i miei bambini è stata un’esperienza unica, esaltante e positiva.
I musei, sopratutto quelli tecnologici ed interattivi (come quello che abbiamo visitato noi ieri) sono esperienze memorabili per i più piccoli perché rendono possibile, sempre, una nuova e diversa percezione della cultura, della storia, della scienza ed in genere della conoscenza.
Ieri, però, mentre i miei bambini facevano la loro comune esperienza formativa, io, da mamma, sono stata costretta ad una riflessione tanto pesante quanto importante:
nell’attesa della proiezione del film in 3D, momento conclusivo della visita al museo, ci siamo accomodati in una sala d’attesa con tavolini, sedie e pattumiere a colonna; era un’area dedicata anche agli spuntini dei bambini (essendo il museo uno di quelli che per vocazione è definibile “da famiglie”).
Ebbene, una delle pattumiere era “sovraccarica” al punto tale da lasciar trasbordare i rifiuti un poco sopra il limite del coperchio.
Una mamma, ben vestita, molto curata e signorile, ha vivamente lamentato (ad alta voce ed in pubblico, ma senza rivolgersi al personale) l’indecenza delle persone che gettano i loro rifiuti in malo modo, lamentando anche il fatto che il tavolino occupato dalla sua comitiva, più prossimo alla pattumiera, era infestato da un odore cattivo (personalmente le ero quasi accanto ma l’odore cattivo non l’ho avvertito).
Con i miei bambini mi sono anticipata un pochino rispetto alla fine della proiezione precedente posizionando i piccoli in pole position sulla rampa d’accesso. L’ho fatto considerando che la loro modesta “altezza” gli avrebbe permesso di assistere alla ripresa solo se fossero stati davanti. Noi adulti, ovviamente, ci saremo accomodati nelle retrovie.
Ebbene all’apertura delle porte la figlia della signora che tanto caldamente aveva lamentato la scostumatezza altrui era già all’interno della sala, da un angolino nascosto si è fiondata davanti allargando le sue braccia e gambe di 13enne (credo) per occupare il massimo spazio possibile ed accogliere il parentado.
Il mio stupore è stato evidente!
Ed è stato maggiore quando ho constato che, mentre la bimba spintonava gli estranei (noi compresi) per assicurarsi la prima fila, incitando a gran voce i suoi perché la raggiungessero, la mamma continuava beatamente a chiacchierare con le sue amiche pur guardando la figlia mentre si accaparrava con ostinazione più posti che poteva.
E’intervenuto un papà che, come un insegnante con la sua scolaresca, si è fatto carico di fare spazio, di imperio, a tutti i più piccoli. La tredicenne (quasi più alta di me) non si è mossa dal suo posto, ma questa era per tutti coloro che hanno assistito alla scena una conclusione scontata.
Il museo è stato bellissimo … ma in macchina ho dovuto chiarire ai miei figli che il comportamento di quella bimba grande è stato scorretto e non condivisibile!
Di qui la mia riflessione pesante ed impegnativa sull’educazione e sul buon esempio.
L’educazione non è una filosofia, non si impartisce per ragionamenti teorici e non è estranea alla nostra stessa vita.
Se in casa il bambino è abituato ad osservare il genitore che, per esempio, fa la raccolta differenziata e ne comprende l’importanza ecologica e sociale, allora, quello stesso bambino, vedendo una pattumiera stracolma di pattume indifferenziato proverà indignazione da solo.
Se la mamma si indigna dinnanzi ad un errore della società, estranea e terza rispetto alla sua famiglia (nella fattispecie dinnanzi alla pattumiera) e, poi, non si interroga rispetto ad un comportamento non corretto della figlia, che cosa avviene?
Un educazione che non parte dalla considerazione di noi stessi come protagonisti della società e come artefici del mondo è un’educazione utopistica, “scolastica”, teorica e, forse, tristemente non proficua.
Educare significa mettere i figli in condizione di gestire i propri comportamenti nella società moderna, relazionando l’agire individuale al mondo ed alle persone.
Ovviamente i bambini devono imparare a comportarsi senza farsi scavalcare dagli altri ma anche e sopratutto senza perdere di vista il senso civico e senza trascurare il fatto che il mondo è il luogo di tutti.
La coesistenza civile parte dall’accettazione delle regole e le regole si assorbono e si metabolizzano grazie all’educazione dialogante.
Correggere un figlio non significa necessariamente sgridarlo o punirlo, spesso basta mettere il bambino in condizione di comprendere la non appropriatezza del suo comportamento.
In particolari modo la prevaricazione degli altri nasconde spesso delle insicurezze profonde del bambino che si traducono in una chiave di lettura “violenta” della società per cui l’affermazione coincide con l’urlo, la violenza e l’abuso.
Il bambino prevaricatore, come il bullo, è tal volta un incompreso, è, cioè, una persona che non ha nell’ambito familiare il suo spazio di ascolto e comprensione, confronto e dialogo, interazione e conforto.
L’esempio, il dialogo e l’interazione col figlio sono responsabilità del genitore equivalenti al nutrimento, all’igiene, alla cura della salute e sono imprescindibili dal percorso formativo.
Sull’importanza della buona educazione, intesa come sereno approccio alla convivenza sociale, dovrebbero riflettere tutti i genitori.
Potrebbe interessarti anche il nostro video sull’educazione dolce:
Se vuoi ricevere l’eBook gratuito di VitadaMamma:
“10 Trucchi Infallibili per Educare un Figlio Felice”,
iscriviti alla nostra newsletter clicca sulla foto qui sotto e compila il modulo: