Il corpo di Yara Gambirasio ha parlato agli inquirenti; i segni sotto i vestiti, sopra gli indumenti lacerati, tra il giubbino e la pelle hanno lasciato emergere le più significative e decisive tracce del delitto e hanno condotto al presunto assassino.
Il DNA ha stabilito che sul luogo del delitto, mentre Yara moriva, vi sarebbe stato Ignoto1, identificato, grazie a lunghe e complesse operazioni investigative, in Massimo Giuseppe Bossetti.
Malgrado il ruolo decisivo del DNA, ancora manca l’arma del delitto, ovvero manca il fendente che avrebbe segnato il corpo ed i vestiti della vittima.
Tuttavia rispetto all’arma del delitto c’è una novità di rilievo (ne fa menzione il settimanale Giallo, Cairo Editore, nel n°41 del 15 ottobre 2014).
Nell’aggressione a Yara fu utilizzata un’arma da taglio, un coltello.
Col fendente furono praticati sul corpo della vittima lacerazioni e tagli, furono, inoltre, squarciati in più punti i vestiti della ragazzina;
la stessa arma che ferì Yara probabilmente ferì anche il suo assassino determinando il contemporaneo sanguinamento della vittima e dell’aggressore.
Durante il delitto Yara ed il suo assassino hanno perso sangue contemporaneamente (e quindi durante l’aggressione, oltre alla vittima, potrebbe essersi ferito anche il killer).
Il sangue rinvenuto sul cadavere di Yara è stato classificato dagli inquirenti come una “traccia mista”, gli inquirenti hanno, cioè, stabilito che le tracce ematiche del killer e quelle della bambina si mescolarono sul corpo della vittima.
La mescolanza indica che le tracce ematiche furono versate contemporaneamente (quindi, in teoria, esclude che il sangue di Bossetti, come repertato sul corpo di Yara, possa essere arrivato sul cadavere in conseguenza di una qualche contaminazione).
I vestiti di Yara non furono meramente stracciati, gli abiti della ginnasta vennero anche tagliati col fendente con cui fu aggredita.
Perché i vestiti della vittima vennero squarciati? Perché chi aggredì Yara adoperò sul suo corpo e sui suoi indumenti un coltello?
Da tempo è stata avanzata e seguita l’ipotesi che l’aggressione ad Yara fosse finalizzata ad un abuso intimo.
Probabilmente il coltello servì all’assalitore per scoprire il corpo di Yara e per “accelerare” l’aggressione nella persecuzione del peggiore scopo ultimo che chi stava aggredendo la ragazzina si prefiggeva.
Oggi, alla luce delle ultime risultanze investigative, quei tagli e quelle lacerazioni sui vestiti di Yara potrebbero, insieme con le ferite, assumere un ruolo ancora più rilevante in sede processuale.
Il settimanale Giallo (nel n°41 del 15 ottobre 2014) pubblica un’indiscrezione investigativa rilevante:
Massimo Giuseppe Bossetti avrebbe acquistato un cutter, un coltellino multiuso di quelli comunemente adoperati dai carpentieri;
l’acquisto sarebbe avvenuto con carta di credito solo 3 giorni prima della morte di Yara e la lama del coltello , nonché la tipologia del cutter risulterebbero compatibili con le tracce rinvenute sul corpo della vittima.
Gli inquirenti sarebbero risaliti all’acquisto monitorando i movimenti bancari di Bossetti; il titolare del negozio, interrogato, avrebbe confermato l’acquisto.
Il taglierino avrebbe una caratteristica peculiare e decisiva:
il coltello, presumibilmente acquistato dal principale indiziato, conterebbe titanio e nelle ferite inferte sul corpo di Yara fu, appunto, rinvenuto proprio del titanio.
Questa circostanza rimane un’indiscrezione investigativa di cui fa menzione il settimanale citato.
Sta di fatto che l’arma del delitto, stando a quanto riportato ad oggi dalla stampa, non è stata mai rinvenuta e il sopra citato coltello non è stato ritrovato tra gli strumenti di lavoro di Massimo Giuseppe Bossetti.
Bossetti continua a professare la propria innocenza. Ed il prossimo 14 ottobre i giudici del Tribunale della Libertà di Brescia si pronunceranno su una nuova richiesta di scarcerazione avanzata dal collegio difensivo di Massimo Giuseppe.