Perché alcuni bambini presentano reazioni negative quando mangiano alcuni cibi ed altri no?
Per rispondere a questa domanda è bene capire cosa sia un’allergia. L’allergia è, sostanzialmente, un’alterazione del sistema immunitario che percepisce una sostanza, che in realtà è innocua, come una minaccia e quindi l’attacca. Questa sostanza che il nostro organismo percepisce erroneamente dannosa è definita ALLERGENE.
Durante una reazione allergica l’organismo produce anticorpi specifici che prendono il nome di immunoglobuline E (IgE) che vanno a legarsi all’allergene scatenando un ulteriore reazione con altre cellule appartenenti al nostro sistema immunitario che provocano il rilascio di istamina, prostaglandine ed altre sostanze, determinando quelle che noi chiamiamo “reazioni allergiche”.
Alcune reazioni allergiche sono immediate, mentre altre possono manifestarsi anche ore o, addirittura, giorni dopo l’esposizione all’allergene.
L’incidenza delle allergie alimentari è più elevata tra i bambini piccoli (3-7%).
Gli alimenti che scatenano più spesso sensibilità sono LATTE, UOVA, FORMAGGIO, PESCE E ALCUNI TIPI DI FRUTTA E VERDURA.
Fortunatamente nella maggior parte di questi bambini al raggiungimento del terzo anno di età alcune di queste allergie scompaiono, soprattutto quelle che interessano l’uovo e il latte, mentre le allergie alle noci, ai legumi, al pesce e ai molluschi tendono a protrarsi per tutta la vita.
Quali sono i sintomi delle reazioni allergiche
I sintomi delle reazioni allergiche possono coinvolgere diversi apparati:
- respiratorio (starnuti, asma, respiro affannato, tosse),
- cutaneo (gonfiori, orticaria, eczema, prurito, eruzioni cutanee),
- gastrointestinali (crampi addominali, gonfiore, diarrea, nausea, vomito, coliche)
- ed infine possono essere anche sistemici cioè coinvolgono due o più apparati, determinando Shock anafilattico.
Un bambino può essere predisposto all’insorgenza delle allergie, infatti neonati che hanno un genitore allergico hanno maggiori probabilità di scatenare anch’essi un’allergia alimentare (rischio che raddoppia se entrambi i genitori sono allergici).
Da diversi studi è emerso che l’allattamento al seno per 4-6 mesi ridurrebbe l’insorgenza di allergie alimentari in neonati.
Il primo campanello d’allarme è la presenza nel bambino di uno o più sintomi prima citati, in questo caso, sotto il controllo del pediatra e/o allergologo, è giusto eseguire test diagnostici in grado di confermare o meno i propri sospetti. Tra questi test troviamo:
PRICK TEST: effettuabile dai primi mesi di vita. È un test efficace per riscontrare la presenza di allergia a uovo, latte e pesce. Si esegue una puntura sulla pelle del braccio con un particolare dispositivo (lancetta) che ha precedentemente attraversato la sostanza da esaminare. Non è un test doloroso, perché la puntura è molto superficiale. Dopo circa 20 minuti si vede se c’è stata o meno risposta cutanea. Il test viene considerato positivo se si riscontra sul punto della puntura la presenza di un ponfo con diametro superiore a 3 mm. Il test va eseguito sempre in strutture predisposte e con personale qualificato, in grado di intervenire in modo tempestivo in caso di reazioni indesiderate (anche se succede di rado).
RAST: in questo caso si ricercano nel siero, mediante prelievi di sangue, la presenza di anticorpi IgE specifici per gli allergeni che si sospettano come causa dei sintomi allergici.
Molti medici non danno a questi test un’efficacia pari al 100%, ma utilizzano i risultati degli stessi, insieme ad altre informazioni, per creare una lista di alimenti da escludere o meno per il test di scatenamento o di provocazione.
TEST DI PROVOCAZIONE ORALE (TPO): prevede la somministrazione orale dell’alimento che si sospetta provochi allergia e viene eseguito sempre sotto controllo medico. Può essere eseguito in diversi modi: APERTO (quando il bambino, i genitori e il medico sanno qual è l’alimento somministrato), SINGOLO CIECO (quando i genitori e il bambino non sanno se l’alimento che stanno testando sia quello sospettato di causare allergia o il placebo, mentre il medico si), DOPPIO CIECO (quando né il bambino, né i genitori e né il medico conoscono la natura dell’alimento somministrato, che potrebbe essere quello da testare o il placebo. In questo caso è richiesta la presenza di una terza persona che prepara gli alimenti e decide le dosi da somministrare.).
Il TPO va eseguito dopo un periodo di eliminazione dalla dieta dell’alimento sospetto di almeno 2 settimane (4 nel caso di disturbi gastrointestinali) e il bambino deve essere a digiuno da almeno 4 ore. Generalmente le dosi somministrate vengono aumentate gradatamente ogni 15‐20 minuti, fino ad arrivare alla dose che viene assunta quotidianamente. Alla somministrazione di ogni dose viene valutata la presenza o meno di sintomi obbiettivi. Anche in questo caso il test va effettuato in strutture e con personale qualificato in grado di intervenire in modo adeguato in caso di reazioni avverse.
Se il bambino risulta allergico bisognerà escludere l’alimento interessato dalla dieta, integrando i nutrimenti che vengono a mancare, ad esempio se è allergico al latte, bisognerà integrare la carenza di calcio.
Per quanto riguarda l’allergia all’uovo non solo si dovranno eliminare paste, gelati, dolci, ma il bambino non dovrà trovarsi in cucina durante la cottura di questo alimento, perché gli allergeni dell’uovo possono anche essere inalati.