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“Aiuto! Tuo Figlio è un Mostro” (Mamme e Papà che Giudicano e Figli Che Vengono Giudicati)

di Federica Federico

29 Settembre 2014

figli ed educazione

Hai mai visto un bambino correre tra i tavoli di un ristorante senza controllo e senza freni?

Hai mai assistito alla più imbarazzante scena del bimbo che scalcia contro la mamma o il papà, tirando pugni e liberando fiumi di lacrime o peggio lasciandosi sfuggire qualche parolina “da adulto non educato”?

Hai mai osservato il monello di turno mentre al mare si impossessa dei giocattoli di chiunque; si tuffa tra i bagnanti “facendosi notare” per esuberanza e cattiva educazione; passa come un tornado tra gli ombrelloni calpestando qualunque cosa o persona intralci il suo cammino per poi scappare più lontano possibile dai genitori (come se contrastare e sfuggire fosse un modo per sentirsi “libero”)?

Hai mai incontrato un piccolo signor “no”, uno di quegli esemplari di bambini scontrosi e rigidi, capaci di entrare in opposizione col mondo a suon di “no”, “non lo voglio”, “non lo faccio” e “non mi piace”?

Tuo figlio rappresenta o ha mai impersonato uno di questi tipici “monelli”?

Per istinto il bambino è monello.Questo è il presupposto indefettibile da cui è impossibile prescindere.

Per natura, indole e propensione i bambini (tutti, nessuno escluso) “tendono all’errore” e sono classificabili come “biricchini, monelli o cattivelli”.

Perché qualunque bambino è per tendenza un monello in erba?

I bambini sono persone non ancora educate, non ancora abituate alla socialità e non ancora consapevoli dei limiti del vivere comune.

I piccoli sono “individui in divenire”! Proprio in ragione ed a causa della loro corsa alla crescita, i bambini sono dotati di una particolare propensione alla scoperta ed alla ricerca del mondo e delle emozioni. Però, per inesperienza, per esuberanza e per estrema vitalità, i piccoli uomini e le piccole donne non sono ancora capaci di controllare, moderare e gestire né le loro emozioni né il loro rapporto con gli altri abitanti del mondo. E teoricamente qui interviene il ruolo dell’educazione da un lato e del giudizio altrui dall’altro.

Hai mai sentito quei genitori (anche disperati) “difendersi” sostenendo che il bambino ha un suo carattere che può essere smussato ma non corretto?

Per parte mia ne ho sentiti, conosciuti e visti moltissimi.

Il bambino è il frutto dell’educazione che riceve e dell’esempio che gli viene proposto quotidianamente dai genitori.

La naturale tendenza del bambino alle birichinate si orienta correttamente (e quindi si corregge) grazie all’educazione.

Più è dialogante, comunicativa e fluida l’educazione del figlio migliore sarà il processo di crescita del bambino perché più efficace e finalizzata sarà la sua comprensione del mondo.

Il primo strumento educativo di cui il genitore dispone è l’esempio.

Allacciarsi per primi la cintura di sicurezza in auto; non dire parolacce; non litigare col partner davanti ai bambini; lavarsi i denti tutte le sere; non urlare; non parcheggiare in seconda fila davanti la scuola; non denigrare né deridere il prossimo sono tutti elementi di buona educazione che il bambino percepisce e metabolica attraverso il buon esempio.

Di norma non c’è un bambino incorreggibile ma più spesso ci sono bambini che non vengono seguiti da vicino, che non vengono accompagnati e guidati nella comprensione dei limiti dell’agire e del vivere.

Un bambino di 6\7 anni, per esempio, non è abbastanza grande per cavarsela da solo, ha bisogno del confronto (che diviene controllo in un ragionamento educativo) col genitore. E questo vale sulla spiaggia come dinnanzi al libro scolastico pieno di compiti e nozioni da imparare ed affrontare.

Allo stesso modo un ragazzino di 11\12 non ha più bisogno di essere guardato a vista dal genitore ma deve sapere di potersi fidare dell’adulta. E certamente il rapporto di affidamento e fiducia si conquista attraverso il confronto, il conforto, il dialogo, in una dinamica educativa serenamente dialogante.

Il genitore che lascia il bambino piccolo libero di “giocare da solo sulla spiaggia” e resta incurante dinnanzi all’esuberanza del figlio; come il genitore che lascia il ragazzetto solo con l’istruttore sul campo di calcio e non ne monitora mai i comportamenti “sportivi”; come pure la mamma o il papà che ammettono che il bambino possa fare i compiti da solo e senza nessuna forma di controllo sono spesso genitori “stoici” o deleganti.

  • Per i primi il figlio è così come è per natura, istinto, indole e carattere e “corrergli dietro” non ha senso perché non vale a cambiarlo né a modificarlo;
  • per i secondi la responsabilità della crescita e dell’educazione di un figlio non è un affare personale ma può essere socialmente delegata al bagnino, all’istruttore o all’insegnante.

Entrambe queste tipologie di genitori sono spesso convinte che col tempo i bambini si calmeranno da soli, nel frattempo sono bambini e la “sopportazione sociale (cioè quella della collettività) è dovuta”, come se il mondo si dovesse piegare ad una tacita e doverosa divisione dello stress materno e paterno, ovviamente così non è perchè ciascun genitore deve gestire i propri figli ed educarli in modo che tengano, almeno di norma, buoni comportamenti sociali.

Dinnanzi al bambino maleducato, intemperante, stressato e monello scatta il giudizio.

Ai genitori, immancabilmente, sentirsi giudicati dà fastidio. Spesso sono questi stessi genitori a giudicare di rimando considerando le persone intolleranti o poco comprensive.

Certamente qualunque bambino anche il più bravo qualche volta esce dal seminato, il migliore figlio del mondo fa e deve fare qualche marachella. Il compito del genitore resta sempre quello di orientare la crescita del bambino e portarlo alla più profonda, serena e comprensibile interpretazione del mondo e delle cose della vita.

Accettare il giudizio altrui per migliorarsi e per “guardare se stessi attraverso lo specchio della società” è certamente un buon inizio.

Noi siamo ciò che vogliamo essere e ciò che crediamo di essere, tuttavia in parte siamo anche ciò che gli altri percepiscono di noi. In questo senso il giudizio altrui è una valutazione del nostro operato e del nostro ruolo anche di genitori, e ciò non è affatto trascurabile. Reso in positivo il giudizio degli altri diventa un buono specchio ove confrontarsi con se stessi.

Perché un figlio non sia un monello incallito è indispensabile aiutarlo a conoscere i limiti del mondo a sperimentarli e a non valicarli.

Prima di tutto viene l’esempio e da esso discende il dialogo.

Un grande errore da non commettere è quello di delegare e demandare agli altri l’educazione dei bambini:”non farlo, il bagnino si arrabbia”; “non litigare col compagno, il mister ti allontana dal campo”; “non rispondere male alla maestra, il preside ti caccia dalla scuola”, sono queste forme di delegazione educativa che isolano il genitore da responsabilità educative che invece gli competono in prima persona.

Dietro un grande uomo c’è una grande donna … ricordate questa massima?

Si potrebbe anche dire che dietro un bambino educato ci sono due grandi genitori.

Il percorso dell’educazione del figlio è un percorso in salita che non può prescindere dal giudizio sociale e dal conforto con la società tutta.

Mamma, papà, non abbiate paura del giudizio altrui!

Al contrario, fate del giudizio un filtro per valutare voi stessi ed i vostri bambini per ottimizzare e migliorare il vostro lavoro di educatori e per confrontarvi col mondo e con la società.

Ricordate che il mondo esterno alla famiglia e con esso la società rappresentano e restano il luogo ultimo in cui il bambino deve vivere e sviluppare le sue potenzialità.

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