Un sempre crescente numero di organizzazioni, dall’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità), alla Leche League, hanno per lungo tempo tentato di dare una risposta a chi chiedeva per quanto tempo fosse giusto allattare al seno il proprio figlio.
La maggior parte concorda che l’ideale obiettivo dell’allattamento esclusivo si protragga per almeno i primi sei mesi di vita del neonato.
Dopo tale periodo è bene introdurre gradualmente anche altri alimenti, e cominciare lo svezzamento, che si deve intendere completato entro l’anno di età, e con esso anche l’allattamento.
Alcuni però incoraggiano questo tipo di nutrimento esclusivo anche dopo tale momento, suggerendo di allattare fino a che il bambino stesso non smetterà di chiederlo, il che potrebbe voler dire anche dopo i due anni o chissà quando.
In realtà ci sono diversi fattori che potrebbero far propendere per questa seconda ipotesi, anche se come e quando smettere dovrebbe essere una decisione del tutto univoca e personale, che varia da mamma a mamma, e da bambino a bambino.
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I Benefici dell’allattamento
Senza dubbio l’allattamento esclusivo, per molte mamme, è il modo migliore per nutrire il proprio bambino. Già appena nato, immediatamente dopo il parto è possibile allattare.
Il primo latte, il colostro, è infatti composto da nutrimenti che aiutano il piccolo a formare il proprio sistema immunitario, non solo cibo dunque, ma soprattutto protezione contro le infezioni.
I bambini allattati al seno tendono infatti ad essere più in salute e meno suscettibili alle infezioni e a certi malanni, addirittura si abbassano fattori di rischio quali obesità, diabete, asma.
Anche la madre trae beneficio da questo gesto: dà lei la possibilità di stare vicino al piccolo, la aiuta a creare quel legame che sarà indissolubile a vita. Ritarda il ritorno del ciclo mestruale (una sorta di anticoncezionale naturale!), stimola l’utero a contrarsi per tornare alle normali dimensioni, e aiuta a perdere il peso preso in gravidanza.
Alcune ricerche addirittura riconoscono all’allattamento al seno, finanche oltre l’anno di età del bambino , effetti benefici a lungo termine come riduzione del rischio cancro al seno, alle ovaie, diabete, e depressione post parto.
Infine, e non è da sottovalutare, l’allattamento ha anche un suo effetto sulle finanze familiari: non costa nulla!
I benefici di questa azione sono molteplici, per cui, per quale motivo bisognerebbe smettere a un certo punto?
Una ragione per tutte, l’allattamento deve avere un termine prima o poi.
E poi, è comunque una cosa che consuma tempo: i neonati devono essere allattati dalle 8 alle 12 volte al giorno per 15-20 minuti a volta, avete mai fatto questo calcolo?
Quando si ha il bambino sempre con sé questo può non essere un problema, ma quando poi si ricomincia a lavorare, e a riprendere la normale routine quotidiana, allattare diventa una sfida, e questo può diventare un problema, sia per la madre che per il piccolo.
Ecco allora che è il caso di programmare con un leggero anticipo questo momento, o magari cominciare a pensare di rallentare l’allattamento, non rendendolo esclusivo nutrimento per il proprio bambino.
Se si pensa di dover tornare al lavoro è bene decidere se si vuole continuare ad allattare.
Si può ad esempio scegliere l’alternativa del congedo parentale, e rimandare il rientro, o tentare un accordo con il datore di lavoro per cominciare da casa, o (quando questo è possibile) chiedere un part-time.
Dopo i sei mesi però è sempre il caso di cominciare a non garantire più al piccolo un allattamento esclusivo, e tentare di rallentare le poppate proprio nel momento dello svezzamento..
Tutti gli esperti concordano nel graduale distacco dal seno materno, momento che potrebbe durare settimane, o addirittura mesi, non esistono istruzioni in merito, anche qui ogni bambino sarà diverso dall’altro.
Le organizzazioni di Pediatri suggeriscono però di continuare ad allattare anche fino all’anno di età (addirittura una pubblicità di una nota marca di prodotti per l’infanzia reclamizza di allattare per i primi 1000 giorni di vita, che a me sembra un esagerazione, perché mille giorni sarebbero quasi 3 anni, ma lo dice un marchio di latte in polvere, dovrebbe essere attendibile, ndr).
Alcuni bambini (ma anche alcune madri), lo farebbero anche oltre, e persino un’associazione autorevole come la Leche League (La Lega del latte) lo pensa, e infatti suggerisce canto che il momento giusto per smettere è quando sia madre che figlio si disinteressano all’allattamento.
Il buon senso però direbbe che vedere un bambino con i denti tutti cresciuti attaccarsi al seno della mamma, è forse decisamente un po’ troppo.
Principalmente perché a volte, è un parere personale ma sfido gli psicologi a dire il contrario, l’allattamento non è un modo per nutrire il figlio, quanto un desiderio (inconscio, intrinseco, inconsapevole, ma del tutto volontario) di volere a tutti costi sentire ancora attaccato a sé quell’esserino che invece sta crescendo, inevitabilmente.
Anche questo è da tenere in considerazione: il soggetto che deve interrompere l’allattamento è solo e soltanto la mamma, i piccoli, loro vorrebbero il latte a vita, e allora, è lei che deve dare il limite, soprattutto se si è stanche, se non ce la si fa più, o per qualsiasi altro motivo.
E che il senso di colpa non prenda il sopravvento, perché se non si allatta più, soprattutto oggi che anche in campo alimentare la tecnologia ci viene in aiuto e il latte in polvere è un ottimo surrogato, questo non vuol dire che non si è buone madri, e che nostro figlio non crescerà più, ma semplicemente che un momemnto della nostra vita è concluso, e ne verranno di altri, belli uguali, e magari anche meno stancanti.