Da qualche tempo assistiamo ad un fenomeno sempre più frequente, tanto che sta divenendo la normalità comportamentale dei nostri figli.
Una volta, il comportamento tipico degli adolescenti portava alla ricerca di se stessi con manifestazioni di atteggiamenti originali che si prendevano a volte in prestito dalla letteratura o dal cinema.
Passato il periodo di crescita preposto a questo, la donna e l’uomo che ne venivano fuori manifestavano una certa maturità, che si andava perfezionando anche attraverso l’influenza dell’ambiente e della società.
Oggi l’età dell’adolescenza si è spostata da quella che, di norma, partiva dalla pubertà e finiva poco dopo la maggiore età, alla soglia dei trent’anni e cioè a quando, dopo la laurea, ci si trova con la necessità impellente di farsi una propria vita e cominciare a badare a se stessi.
Nella nostra epoca contemporanea i modelli proposti sono spesso quelli dei protagonisti di alcuni telefilm che, per piacere, necessariamente sono tipicizzati in macchiette e comportamenti compulsivi.
Molti ragazzi, oggi, per imitazione, manifestano sempre più di frequente questi stessi impulsi involontari a compiere determinate azioni finalizzate a placare l’ansia, generata da una ego distonia nei propri pensieri, nelle proprie fantasie che ricorrono ossessivamente, senza riuscire a confluire in una direzione risolutiva e rassicurante.
Può essere il lavarsi insistentemente le mani, compiere azioni ripetute, avere un proprio posto fisso o abitudini difficilmente contrattabili.
Questo atteggiamento, adottato principalmente per assopire le angosce, ha la necessità di essere rimarcato e divenire comportamento stabile anche se, per una buona parte di individui, si stabilizza in una smitizzazione del Sé in un confronto sano con gli altri nella fase di apertura nel gruppo dei pari, sia per età che per genere.
Forse, però, la responsabilità può essere imputata ad un’attenzione, da parte di alcuni genitori, che punta molto sul lato materiale dei risultati del ragazzo e non sull’investimento dialogico.
Per esempio, se un figlio va male a scuola, è perfettamente inutile punire o promettere premi se migliora.
I ragazzi adolescenti hanno bisogno di capire i loro malesseri, anche verso una materia, un insegnante o una scuola ed elaborarli, magari con il sereno ascolto di un genitore.