Le tracce di sangue repertate sugli indumenti della povera Yara Gambirasio portano la firma dell’assassino, è sostanzialmente questa la linea sostenuta dall’accusa che punta il dito contro Massimo Giuseppe Bossetti.
L’impianto accusatorio si fa forte del DNA –
Secondo gli inquirenti le tracce di sangue, per come sono state rinvenute, non potrebbero che essere il risultato di un lieve ferimento dell’assassino che, appunto, avrebbe sanguinato nei momenti immediatamente precedenti alla morte di Yara.
Quelle tracce analizzate dal punto di vista genetico riportano senza dubbio alcuno a Bossetti.
- Stando a questa ricostruzione e seguendo l’assunto iniziale, per discolparsi, Massimo Giuseppe Bossetti è chiamato a spiegare plausibilmente come il suo sangue sia finito sugli indumenti della vittima.
Il DNA è la pistola fumante e identifica il colpevole?
Si sa per certo che gli investigatori cercano sull’auto di Bossetti, una Volvo V40, e sul suo furgone da lavoro, un Iveco Daily, ulteriori prove concludenti col DNA repertato sui vestiti della povera vittima.
In mattinata sono infatti cominciate le analisi (tecnicamente non ripetibili) sui due veicoli, auto e furgone erano già stati posti sotto sequestro dai Carabinieri subito dopo l’arresto del sospettato ed al momento il loro esame è in corso.
Intanto arriva dai giornali una indiscrezione clamorosa:
Massimo Giuseppe Bossetti avrebbe spiegato come il suo sangue è finito sugli indumenti della vittima.
- Ricordiamo che l’operaio edile ha sempre sostenuto di non aver mai conosciuto Yara Gambirasio, se non dopo che la sua tragica storia ha “invaso” Tv e carta stampata.
Bossetti non smentendo questa estraneità con la giovane vittima, avrebbe addotto due giustificazioni per “spiegare” la presenza del suo sangue sul cadavere della piccola Yara:
– il suo sangue potrebbe avere sporcato l’assassino che a sua volta lo avrebbe potuto trasmettere sui vestiti della vittima
– oppure il suo sangue potrebbe avere sporcato degli attrezzi di lavoro che a Bossetti vennero rubati; da tali strumenti di lavoro (che sarebbero stati, secondo questa teoria, usati da un ladro-assasino proprio contro Yara) le tracce ematiche di Massimo Giuseppe sarebbero fatalmente passate sul corpo della ragazzina uccisa.
Queste due possibili giustificazioni sono plausibili? E come Bossetti avrebbe potuto sporcare un ipotetico assassino o le armi del delitto?
Apparentemente è difficile pensare ad un doppio passaggio delle tracce ematiche che di norma gocciolano fresche su cose o indumenti e lì si imprimono. La logica suggerisce poi che in maniera particolare sui vestiti le tracce di sangue tendano a seccarsi presto.
L’indiscrezione giornalistica proviene da repubblica.it ove testualmente si legge: <<Secondo alcune rivelazioni non smentite dal suo pool difensivo, il carpentiere 44enne avrebbe una spiegazione: una perdita di sangue, probabilmente a causa di un infortunio sul lavoro o della epistassi (emorragia delle fosse nasali) della quale soffre, finito poi sugli attrezzi di lavoro che gli sarebbero stati rubati prima della morte di Yara.>>
L’epistassi è una patologia che provoca frequenti e vistose emorragie di sangue dal naso. Anche la moglie avrebbe confermato che Bossetti soffre di tale malattia, se così fosse nella casa, nella macchina e nel furgone dell’indiziato verrà certamente rinvenuto il suo sangue, quello perduto durante gli attacchi emorragici.
Quali sarebbero gli attrezzi rubati a Bossetti?
Si tratterebbe di una livella elettronica, di un distanziatore,di una bindella e di due scalpelli, di cui uno a punta acuminata; tutti questi oggetti sarebbero stati rubati dal furgone di lavoro dell’indiziato, l’Iveco Daily, e il furto sarebbe avvenuto all’esterno della casa di Massimo Giuseppe.
Il periodo dell’avvenuto furto coinciderebbe con quello dell’omicidio di Yara?
Per ora la stampa precisa solo che il periodo corrispondeva a quello in cui Bosetti stava lavorando nel cantiere di Palazzago, ove ha prestato servizio dalla fine dell’estate 2009 all’agosto del 2011.
Tali indiscrezioni giornalistiche non sono state confermate né smentite dai difensori di Bossetti. Resta il fatto che in linea teorica, se fosse vero che sono state pronunciate, sarebbero “principi difensivi” piuttosto difficili da dimostrare.
Nel contempo hanno “parlato” anche le analisi delle utenze telefoniche facenti capo a Bossetti:
repubblica.it rende noto che il cellulare di Massimo Giuseppe Bossetti avrebbe agganciato la cella che copre la palestra di Brembate ben quattro volte nei giorni e negli orari in cui Yara si allenava, cioè sempre il lunedì e il mercoledì tra le 17 e le 19.30.
Questo dimostra che Bossetti cercava di “entrare in contatto con Yara”?
O, in qualche modo, può dimostrare un’attenzione del sospettato verso la vittima?