Banali sintomi influenzali, mal di gola, mal di testa, mancanza di appetito: sintomi abbastanza comuni ma che devono essere valutati attentamente se persistono e si aggravano.
Per una povera ragazza di 15 anni, la superficialità dei medici è stata fatale quando, una volta ricoverata nel dicembre 2009, l’hanno poi dimessa dopo soli due giorni, con una cura a base di paracetamolo e consigliandole di “stare a riposo”.
Amy Carter non riusciva quasi più a camminare, a bere, a mangiare da 19 giorni e pesava ormai meno di 40 chili.
Il personale del Worcestershire Royal Hospital la rimanda a casa con una diagnosi di febbre ghiandolare, il 21 dicembre, dopo soli due giorni, benché non presentasse segni di miglioramento, anzi, avesse iniziato a vomitare e pregare di trattenerla perché si sentiva “morire” letteralmente.
“Vi prego, ricoveratemi, sto male” avrebbe ripetuto più volte Amy al personale medico-sanitario.
Un grido di aiuto e dolore che risuona nelle coscienze di chi non l’ha ascoltata.
I suoi genitori la riportano in ospedale nei giorni successivi anche perché, nel frattempo, i suoi occhi si sono gonfiati, ha sviluppato un rash cutaneo su tutto il corpo e febbre alta. Dopo aver valutato i parametri dell’ossigeno, Amy viene dimessa per la seconda volta e questa le è fatale.
La vigilia di Natale subisce 4 attacchi di cuore ed un’insufficienza multi organica gravissima. Muore alle 3 di notte davanti agli occhi dei suoi genitori e di sua sorella Samantha di 21 anni.
Nel luglio successivo viene redatto un rapporto medico-legale nel quale si stabilisce che Amy aveva sviluppato una rara combinazione letale di patologie multiple.
Il risarcimento avuto pochi giorni fa non copre la grave perdita e le modalità secondo cui si è consumata. La rabbia dei genitori al pensiero che tutto poteva essere evitato e probabilmente la loro Amy sarebbe sopravvissuta non può essere sedata da un assegno.
Loro sono stati impotenti davanti ai dottori, si sono fidati di loro e adesso non hanno ricevuto neppure le loro scuse che forse avrebbero avuto un valore morale maggiore di quello puramente materiale dei soldi.
Il padre commenta così al Dailymail:
“Siamo profondamente dispiaciuti che non hanno riconosciuto le loro responsabilità per ciò che è accaduto e alla fine non ci abbiano fornito spiegazioni dettagliate sull’accaduto. Solo un assegno non può coprire tutto. In ogni caso quei dottori che hanno rispedito a casa Amy devono adesso convivere con il senso di colpa…”
“Noi non festeggiamo neppure più il Natale perché è l’anniversario della perdita di nostra figlia…”
“Se Amy non fosse stata dimessa, probabilmente altri esami avrebbero diagnosticato la situazione batterica a cui era esposta e che è estremamente peggiorata una volta ritornata a casa, portandola ad una condizione di setticemia acuta” questo è il commento dell’esperto legale Irwin Mitchell che ha rappresentato la famiglia Carte.
“Possiamo solo sperare che una tale superficialità non si ripeta mai più…” sono le parole sconsolate del padre di Amy nel commento finale rilasciato nei giorni scorsi.
Fonte: Dailymail