Il piccolo cuore di Finn Jones batte vigorosamente, e non vuol saperne di smettere.
Finn Jones, un bimbo londinese nato a ottobre dello scorso anno, è attaccato alla vita con tutte le sue forze, che sono enormi, nonostante i suoi pochi mesi, e le condizioni del suo cuoricino.
Finn è nato con una malformazione che non sembrava dargli scampo: era nato con un sistema circolatorio che non consentiva agli organi di ricevere ossigeno, la tetralogia di Fallot
Fino a a una decina d’anni fa bambini con la sua stessa condizione alla nascita, chiamati bambini blu (per il colore cianotico che avevano appena nati), non avevano molte speranze di vivere.
Il 30% non sopravvivevano una settimana, il 50% un mese.
Finn ha superato la settimana, e anche il mese.
Ma è stato moltissime ore in sala operatoria.
A soli dieci giorni il cardiochirurgo dell’ospedale londinese Evelina London Children’s hospital Conal Austin lo sottopose ad una “maratona operatoria” durata oltre 5 ore per ristabilire la funzionalità polmonare con un intervento difficilissimo.
Dopo, un’infinita degenza, una vita legata ai farmaci, e ancora altri interventi.
Kathryn e Philip, i suoi genitori, avevano ricevuto questa infausta diagnosi già a sei mesi di gravidanza: “E’ stato come un pugno nello stomaco – racconta il papà Philip – hanno fatto il disegno del suo cuoricino, e ci hanno mostrato cosa non funzionava”.
Ma i medici dissero loro che avrebbero provato a risolvere la patologia con questo intervento.
Il 97% di successo, dicevano i medici, ma un operazione a cuore aperto per un bambino così piccolo era pur sempre una scommessa.
L’operazione di Finn è iniziata all’una. Senza un attimo di tregua per nessuno dell’equipe del dottor Austin è terminata intorno alle 6.
Kathryn e Philip non stanno nella pelle, alla fine di questo lungo intervento. Operazione perfettamente riuscita, dicono i medici.
Ma purtroppo non è la fine delle sofferenze: dopo alcuni giorni Finn ha una ricaduta, una emorragia.
Il dottor Austin viene richiamato, era il compleanno del figlio, ma ha dovuto rinunciarci per salvare un altro bambino.
Finn viene sottoposto ad un nuovo intervento, che per fortuna va bene.
Ma ancora dopo qualche giorno, quando cominciava a riprendersi, ecco ancora uno strapiombo: a Finn venne trovato liquido nei polmoni. Aveva difficoltà a respirare.
Un altro intervento, per eliminare il liquido e consentirgli di respirare.
Come sia possibile che un corpicino così piccolo abbia potuto superare tutti questi interventi è un miracolo, ma Flinn è stato fortissimo, e ce l’ha fatta.
Dopo 5 settimane di ospedale, il 5 novembre il piccolo ha lasciato l’ospedale: “Volevamo sparare fuochi d’artificio, una volta a casa” racconta il papà Philip. In totale Finn era stato sottoposto a ben 5 interventi salvavita.
Dopo qualche giorno Finn dormiva sereno nella sua culla, a casa sua. Aveva la pelle rosa, finalmente: soltanto la cicatrice allo stomaco testimoniava che aveva lottato per vivere, un terribile giro sulle montagne russe, ma lui ce l’aveva fatta.
Kathryn e Philip sono felici, e ringraziano I dottori, e soprattutto gli infermieri dell ‘Evelina Children hospital, che hanno accudito Finn con amore e dedizione, come una seconda famiglia.
Fonte: Daily Mail